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Patrick Melrose – Recensione 1×05

Siamo giunti al termine del piccolo capolavoro che è Patrick Melrose e, sinceramente, sono molto dispiaciuta perchè questa mini serie è stata straordinaria, forte e d’impatto, è stata cruda e anche brutale e ci ha mostrato una parte di quelle cose che fanno tanta paura e che ci illudiamo non esistano fino a quando poi non capitano a noi ma che è necessario vengano conosciute anche se sono orribili, terrorizzanti e dannatamente reali.

Sono stati cinque episodi carichi di qualsiasi emozione, abbiamo riso, pianto, urlato e abbiamo vissuto sulla nostra pelle tutto ciò che ha provato Patrick grazie all’interpretazione straordinaria di Benedict Cumberbatch che dovrà vincere ogni premio possibile per questo ruolo, credo si sia spinto oltre e che il suo talento abbia raggiunto un altro livello, ancor più profondo e viscerale, lo stesso viaggio che abbiamo fatto insieme a Patrick l’avrà fatto Benedict nel dare voce e corpo ad un personaggio talmente complicato, con un vissuto talmente distruttivo da far accedere, irrimediabilmente, l’attore che l’ha interpretato ad un next level che, a mio avviso, non tutti possono raggiungere. Questo è proprio il momento di ringraziare Benedict Cumberbatch per aver portato sullo schermo tutte le emozioni possibili e tutte le tragedie che un uomo potrebbe mai vivere e che non dovrebbe vivere.

Non credo di essere pronta a salutare Patrick Melrose, i suoi figli e Mary ma dovrò pur farlo e spero di adempiere al mio compito nel miglior modo possibile e si, sto sperando che ci sia un continuo ma sono consapevole del fatto che il cerchio si sia chiuso nel miglior modo.

C’è stata un’emozione che mi ha accompagnata per tutta la durata di “At last”, l’ultimo episodio di Patrick Melrose, e che mi ha fatto anche paura perchè ho avuto due sensazioni opposte e contrastanti e cioè che Patrick arrivasse ad uccidersi per raggiungere la pace e che si riscattasse vivendo la vita più bella possibile insieme ai propri figli e sono felice di come si sia concluso il percorso di guarigione di Patrick, l’uomo ha finalmente salutato il bambino che a sua volta l’ha liberato dalla spada di Damocle che aveva sulla testa da tutta la vita regalandoci un insegnamento e permettendogli di lasciar andare.

(Lo dico adesso perchè dopo avrò tanto altro da dire ma non mi è andata giù l’assenza della nostra rossa meravigliosa, che fine ha fatto? Avrei voluto sapere di più della sua vita)  

L’episodio gira intorno al funerale e alla veglia di Eleonor, la madre di Patrick, che ha deciso di optare per l’eutanasia volontaria in una clinica svizzera per i pesi che si portava sulle spalle e per l’instabilità psico-fisica e l’inabilità fisica che, purtroppo, la stavano per rendere un essere umano sofferente e privo di capacità di potersi esprimere e di pensare. Patrick ha organizzato questa morte e l’ha accompagnata per tutto il percorso anche se ha dovuto fare i conti con la rabbia provocata dal ricordo e dalla consapevolezza che il suo adoperarsi per far soffrire il meno possibile la madre fosse lontano dal comportamento assunto in passato dalla donna che preferì girare lo sguardo da un’altra parte pur di non vedere la realtà e cioè che il caro David Melrose violentasse ogni bambino a portata di mano compreso il suo stesso figlio.

Man mano che si svolgeva il funerale e poi la veglia abbiamo scoperto tante cose, sono stati rivelati tanti tasselli mancanti e abbiamo potuto aver modo di capire ancor di più il passato della famiglia Melrose e la figura oscura e perversa di David Melrose, un uomo incapace di amare e capace solo di alzare la voce e le mani per avere il controllo su ogni cosa o persona presente vicino a lui, capace solo di essere violento e arrogante ma consapevole di non essere nel giusto. La mia mente è stata sfiorata dalla sensazione che la scena finale del piccolo Patrick fosse solo una costruzione mentale del Patrick uomo per abbandonare il proprio passato perchè sembra quasi impossibile che un uomo, un violentatore, un pedofilo, si possa fermare per qualche parola detta da un bambino, il proprio figlio, eppure…eppure quelle poche parole potrebbero anche aver innescato un meccanismo mentale che ha illuminato quella mente perversa portandola a fermarsi anche se, pessimisticamente e realisticamente parlando, non penso sia andata così, propendo di più per la costruzione mentale atta a voler distruggere il passato per darsi il modo di vivere dopo aver analizzato, esplorato, condiviso e vissuto ciò che l’ha fatto stare male e gli ha rovinato i primi quaranta anni di vita.

Eleonor sapeva, sapeva e non ha fatto nulla, penso che questo sia stato il suo più grande senso di colpa, il suo più grande errore, era arrivata a negare la realtà pur di non sentire quelle urla nella testa che le ricordavano costantemente di essere stata una pessima madre per il terrore che David le incuteva, per aver fatto vincere la paura e non aver impedito ad un mostro di distruggere la vita di tanti bambini ma soprattutto del proprio, per essere stata resa immobile da ciò che David le diceva e le faceva, arrivando, purtroppo, a fuggire da sola e a lasciare il proprio bambino nella morsa del mostro.

La donna era a conoscenza di ogni singola cosa per un puro e semplice motivo: David era solito violentare anche lei. Probabilmente ne era consapevole solo inconsciamente, forse non voleva accettare la realtà, non voleva credere che un padre potesse arrivare a tanto, non voleva vedere l’evidenza del fatto che quando un uomo arriva ad alzare le mani sulla propria moglie o su una donna ha già superato il limite e che, probabilmente, ogni altra nefandezza potrebbe sembrargli qualcosa di meno grave e di giustamente fattibile perchè quando un uomo è andato OLTRE non ha più una concezione di limite, ogni cosa gli sembra dovuta, la mania di onnipotenza ti fa pensare che tu abbia il diritto di fare tutto e, infatti, David Melrose è proprio un maniaco di onnipotenza.

Siamo stati spettatori del difficile processo di guarigione di Patrick, del suo attacco di delirio tremens, della sua allucinazione, della voglia di fuggire e di fare cose folli con Rebecca fino alla realizzazione del fatto che i suoi figli sono più importanti di qualsiasi altra cosa, fino alla realizzazione e alla consapevolezza che la paura sparisce nel momento in cui il coraggio si fa avanti. La paura non può bloccare le persone per l’eternità, non deve arrivare ad ingabbiarti fino a renderti succube ed incapace di  andare avanti, i traumi non hanno il diritto di farti soffrire per tutta la vita e il percorso di Patrick fa capire proprio questo: fino a quando la persona interessata non accetta di stare male e di aver bisogno di aiuto ma con consapevolezza piena, fino a quando non decide di voler andare avanti, di non voler farsi battere dalla paura, di voler combattere, nessun aiuto sarà mai efficace, nessun farmaco sarai mai utile, nessuna dipendenza ti farà uscire fuori dal tunnel, nessuna persona potrà salvarti se non decidi di salvarti e di affidarti a persone competenti che ti daranno una mano ma, prima di ogni cosa, deve nascere la voglia di cambiare e di aiutarsi, deve scattare quel qualcosa che ti farà decidere di farti aiutare e si, ovviamente le persone intorno aiuteranno nell’impresa ma il tutto deve nascere da noi stessi altrimenti sarà tutto assolutamente inutile e, infatti, basta guardare Patrick.

Patrick è un narcisista schizoide alcolista con manie suicidarie…o almeno, lo è stato e una piccola parte del suo essere lo sarà sempre e avrà sempre il ricordo di ciò che potrebbe ritornare ad essere, è un bugiardo, un egocentrico, un grandissimo stronzo ma è anche una persona coraggiosa, altruista, dedita ai propri figli, comica, sarcastica, ironica ma dannatamente realista, fino a giungere quasi al cinismo e incredibilmente buono e di gran cuore, ha tanti difetti come tutti gli esseri umani ma è un sopravvissuto, ha deciso di sopravvivere e di lottare e questo è ciò che me lo fa amare infinitamente, chi è perfetto non è interessante e non è reale, chi è fortunato oltre ogni misura tende ad essere presuntuoso e noioso, chi non ha avuto la (s)fortuna di non aver mai sofferto in vita propria non può chiamarsi sopravvissuto e potrebbe non aver raggiunto gli angoli più reconditi della propria anima e della propria essenza, potrebbe, in sostanza, non conoscersi pienamente, ognuno ha le proprie croci e quella di Patrick è stata più leggera di altre e più pesante di tante altre ma ha deciso di accettarla, di combatterla e di sconfiggerla e non è da tutti, troppo spesso per fragilità rinunciamo e non riusciamo a reggere il dolore ma dobbiamo imparare ad essere tutti dei combattenti perchè NESSUNO ha il diritto di distruggerci, nessun’emozione ha il diritto di ucciderci, ricordatevi sempre che, alla fine di tutto, siamo NOI a doverci tenere la mano, NOI a dover combattere, NOI le persone per le quali dobbiamo lottare, chi ci sta intorno può aiutarci ma non può sostituirsi a noi che a prescindere e conseguentemente, non possiamo fare affidamento sugli altri per risalire la china, è difficile, è duro ma è necessario, prendete forza dalle piccole cose, anche dagli altri ma fatevi forza, siete voi la vostra forza e nessun altro.

La scena in cui Patrick è dovuto scappare dal funerale per la forza dei ricordi e per le lacrime mi ha devastata, sono stata felice del fatto che Mary gli sia corsa dietro nonostante tutto ma vedere Patrick disperarsi mi ha, nuovamente, distrutta, in quel momento quell’uomo ha raggiunto il clou della propria debolezza, ha raggiunto il vero fondo e ammettendo di stare male e di essersi sgretolato quando invece credeva di stare meglio gli ha permesso di rinascere davvero e di combattere l’ultima battaglia in nome dei propri figli e della protezione che darà sempre alle creature che ha messo al mondo, cosa che i suoi genitori non hanno mai fatto.

Sono contenta che Patrick abbia reagito nel modo in cui doveva reagire, nella scorsa recensione vi avevo parlato di una sensazione strana che sentivo nelle scene tra Patrick e Robert ma, come vi avevo detto, era solo una sensazione scaturita dalla consapevolezza che un abusato potrebbe o diventare un violentatore o, nel verso opposto, arrivare a proteggere i propri figli e le persone da ogni tipo di violenza.

Sono fiera del fatto che Patrick sia diventato l’opposto del padre, davvero. In fondo Robert era spaventato dal padre perchè non riusciva a riconoscerlo e non vedeva più un padre in lui ma solo una persona fuori controllo e, forse, pericolosa per poi rendersi conto che il suo papà c’era ma era solo nascosto ed ora è ritornato da lui, dal fratellino più piccolo e dalla madre, ora sono di nuovo una famiglia.

 

La fine dell’episodio mi ha trasmetto una pace infinita, tutto è andato per il verso giusto alla fine ed io sono stata pervasa dalla calma, sembra quasi strano ed impossibile da descrivere eppure è così: il cerchio si è chiuso, la porta del passato si è chiusa e oltre quella porta chiusa c’è il futuro.

(Ho pensato subito a questo parallelismo tra Sherlock e Patrick e Tumblr me l’ha servito su un piatto d’argento…)

Nessun uomo dovrebbe fare una cosa del genere ad un’altra persona.

Che sia questo il monito della vostra vita, nessuno dovrebbe sentirsi in diritto di diventare il carnefice, in qualsiasi senso, di un altro essere vivente.

E quando qualcuno si permette di esserlo, ribellatevi, reagite e non pensate che sia giusto o che ve lo meritiate, la violenza è tale quando ci fa pensare di essere stata meritata e no, nessuno, NESSUNO merita la violenza inflitta. Non siete voi i colpevoli, non lo siete e non datevi nessuna colpa. La violenza non è colpa di chi la subisce, MAI.

Spero di aver resto giustizia a questo piccolo capolavoro e vi ringrazio per avermi accompagnata in questo percorso.

Al prossimo viaggio insieme.

Ad Maiora.

(Un grazie speciale va alle mie splendide collaboratrici, Sherlock Italy, Benedict Cumberbatch Italian Fans, It’s a show? It’s a lifestyle. It’s a religion e Cumberbatched Italia – Benedict Cumberbatch Italian FanSite e che mi hanno supportata e dedicato sempre parole meravigliose e un confronto continuo. Un grazie va anche a Giorgia. Dedico questa recensione a loro e al mio caro amico Vincenzo che è sempre stato il mio primo fan e che mi ha sostenuta particolarmente in questo viaggio.)

Irene 

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Salve, sono Irene e non ho mai amato definire la mia persona e ciò che faccio. So solo che ciò che viene scritto, nel momento stesso in cui viene composto, non è più solo mio ma anche di chi legge. Sono curiosa di sapere in che modo lo sarà. Meglio nota come vulcano d'idee o l'Arti(coli)sta per un chiaro e semplice motivo: la scrittura è il mio elemento, l'arte che mi scorre nelle vene, il modo più realistico e spontaneo che ho di vivere.