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La recensione di Guardiani della Galassia 3: per essere una famiglia, basta solo volersi bene

Il 3 maggio scorso è stato rilasciato al cinema Guardiani della Galassia 3 e noi siamo qui con la nostra recensione del film senza spoiler! Avete scelto la playlist giusta per leggerla? Sì? Allora possiamo cominciare.

Guardiani della Galassia 3: la recensione senza spoiler!

Entri in sala pensando che ridendo e scherzando ne uscirai dopo due ore e mezzo – la durata del film –, senza contare il tempo dei trailer e delle pubblicità, ma quando finisce la pellicola, ti rendi conto che qui nessuno ha riso né tantomeno ha scherzato, dato che hai il viso rigato dalle lacrime. D’altronde, partendo dal presupposto che questa è la fine della trilogia dei nostri amati Guardiani, probabilmente avrei dovuto aspettarmelo. Ad ogni modo, adesso cercherò di affrontare ordinatamente i vari temi della pellicola che meritano d’essere analizzati a dovere.

La scrittura

C’è dietro una mano invisibile che ha portato i nostri eroi dall’inizio alla fine di un percorso: la particolarità di questa trilogia all’interno dell’Universo Cinematografico Marvel è proprio la sempre riconoscibile impronta autoriale del regista e sceneggiatore James Gunn, il quale ha lavorato con passione per raccontare la storia di un pugno di sfigati e li trasforma in eroi, anzi di più, una famiglia disfunzionale di eroi galattici. Ognuno di loro è cresciuto e ha mostrato una certa maturità raggiunta in questo film, i propri talenti, che qui risaltano e sono strumenti utili per affrontare il cattivo della situazione – interpretato magistralmente da Chukwudi Iwuji aggiungerei, ma di questo parleremo in seguito. I Guardiani lavorano insieme per quasi tutto il tempo, ma talvolta si dividono e questo aiuta sicuramente nella gestione delle scene, però è anche un espediente per risolvere conflitti interni fra di loro, che siano tra due o tre personaggi. Qualunque sia il vostro personaggio preferito, non rimarrete delusi dal modo in cui viene trattato nella pellicola, perché ciascuno di essi viene esaltato, che sia tramite una scena d’azione o drammatica o ancora, divertente. A volte bastano due battute, una discussione breve o solo due frasi per far capire cosa passi per la testa di un personaggio, per risolvere una circostanza, ma spesso oggi si tende a dimenticarlo nelle sceneggiature, mentre qui non è così. Troverete dei momenti in cui i sentimenti verranno alla luce, in cui ci si dirà tutto in faccia, senza mezzi termini, in cui non avranno timore di dirsi le cose come stanno.

A proposito di ciò, aggiungo anche che è presente frequentemente l’uso del turpiloquio e questa nozione è importante per due motivi: il primo è che non era mai successo che venisse usufruito così spesso in un film della Marvel; il secondo è che si lega bene alla storia, perché l’azione di riappacificarsi assume più valore dopo essersi mandati bellamente a quel paese, mostrando una volta di più quanto affetto leghi gli uni agli altri, in questo rapporto burrascoso ma amorevole che i Guardiani hanno costruito in tutti questi anni.

Il passato di Rocket e il cattivo

Il passato di Rocket è intrecciato a doppio filo con il personaggio del cattivo. L’Alto Evoluzionario non ha la personalità di Thanos (colui che soffre nell’uccidere l’amata figlia per un bene più alto), né tantomeno quella di Kang (colui che cerca di essere giusto), ma è costruita abbastanza bene da fartelo odiare per tutta la durata del film. I flashback sono strazianti, non lo nego, ma questo me l’aspettavo perché era stato messo bene in evidenza già dal trailer: viene mostrata una crudeltà inaudita sugli animali che porta non solo a provare dolore per loro, a cui empaticamente lo spettatore si lega, ma anche a riflettere sugli accadimenti odierni nel nostro mondo. Inoltre, Rocket viene finalmente a patti con se stesso, così come un po’ tutti gli altri, fra una scena dolorosa e una allegra.

A loro si lega anche la figura di Adam Warlock (Will Poulter), il quale viene introdotto in questo film, ma chi di voi ha la memoria più lunga si ricorderà che era stato già nominato alla fine del secondo. Il suo ruolo è un po’ quello di mischiare le carte e un po’ di risolvere la situazione allo stesso tempo. Ho infatti trovato il suo personaggio insipido, perché come America Chavez in Multiverse of Madness, non viene approfondito e non ha particolare carisma, quindi non mi è piaciuto molto.

La recensione di Guardiani della Galassia 3: conclusioni

In sostanza, com’è questo film? È bello, su questo non ci sono dubbi. Se No Way Home metteva tutti d’accordo sotto il punto di vista dell’emozione, perché vedere tutti e tre gli Spider-Man cinematografici è piaciuto a tutti e non potete negarlo, questo ha dalla sua parte l’epicità. Ha ragione chi ha detto che è il film della Marvel più emozionante da Endgame, che resta sempre il mio preferito, ma tralasciando Infinity War, che è la prima parte di quel determinato gran finale, questo è un degno rivale. Ci sono dei punti deboli, ma sono veramente pochi: trascurabili momenti di controsensi in cui la sospensione dell’incredulità dello spettatore più puntiglioso potrebbe vacillare, non paragonabili a quelli di No Way Home per intenderci e sicuramente meno evidenti; forse avrei preferito vedere qualche scena romantica in più, parlando della coppia riguardante Peter e Gamora, ma il tema principale del film è fare pace con i propri problemi irrisolti, come ha dichiarato ultimamente lo stesso regista James Gunn, trovandoci pienamente d’accordo.

Guardate attentamente le due scene dopo i titoli di coda, poi vi assicuro che uscirete dalla sala provando sollievo. Penserete che sia strano, ma non lo è. Io mi sono sentita in quel modo ed è un’emozione che deriva dall’aver lasciato andare per la sua strada qualcuno a cui ho voluto bene per dieci anni. In fondo, è come lo spettatore fosse, per certi versi, parte integrante del loro gruppo e sappiamo che per essere una famiglia non serve avere legami di alcuna sorta con gli altri, basta solo volersi bene.

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Erica

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Laureata in Lettere. Scrittrice, serializzata e lettrice accanita.