Patrick Melrose,  Recensioni,  Telefilm

Patrick Melrose – Recensione 1×01

Salve a tutti e benvenuti nella prima recensione di Patrick Melrose, mini serie tv con protagonista l’eccezionale Benedict Cumberbatch.

Sono molto onorata di poter recensire questo piccolo capolavoro che mi ha già rubato il cuore e non riesco nemmeno ad esprimere quanto sia emozionata nel commentare qui con voi uno dei lavori del signor Cumberbatch che è non solo uno dei miei attori preferiti al momento ma anche una delle persone più meravigliose che fanno parte di questo grande mondo che è lo spettacolo ed uno dei più immensi talenti che abbiamo nel panorama cinematografico, televisivo e teatrale.

Detto questo possiamo iniziare con la recensione di Bad News, episodio pilota di Patrick Melrose, che ha dato inizio ad un percorso difficile e tortuoso per Patrick e per noi che verremo catapultati insieme a lui e grazie all’interpretazione di Benedict in un viaggio all’interno della mente e dei sentimenti del protagonista lungo la via della disintossicazione dal passato doloroso che ha vissuto e che ancora lo perseguita e dalla droga che l’ha portato al limite, su quel fondo di cui si parlava anche nell’episodio…il baratro è stato raggiunto, ora ci aspettano solo le difficoltà madornali per arrivare alla luce, per rinascere, voi siete pronti? Patrick ha preso la sua decisione, entrerà in rehab e cercherà di ripulirsi ma cosa l’ha portato a ciò?

Normalmente divido le mie recensioni in paragrafi ma in questo caso non lo farò semplicemente perchè più fili conduttori hanno portato ad un unico punto e sono stati scaturiti da un unica causa: il passato che gli ha fatto vivere il padre che ora non c’è più ma che ancora perseguita Patrick con i ricordi, i flash e ciò che gli fatto vivere quella persona che non ha ricevuto la giusta punizione, che è stato troppo crudele e che l’ha fatto soffrire in modo indicibile dato che i segni sono ancora sulla pelle di quel figlio che è tanto grande quanto piccolo e che cerca pace nella droga e nell’oblio ma che viene schiaffeggiato dalla realtà una volta ritornato in sè.

Sono state tante le scene che mi hanno letteralmente distrutta e non posso non fare i complimenti a Benedict, altamente inutili ed insufficienti perchè non penso riuscirà mai a tradire le mie immense aspettative, ogni suo lavoro è altamente studiato e ponderato, mette anima e cuore in ciò che recita e riesce a far empatizzare chiunque con il personaggio che sta interpretando. In più di 60 minuti di episodio non sono mai riuscita a calmarmi, ero in perenne agitazione, sono stata continuamente all’erta ma sono stata anche in grado di sorridere in determinate situazioni e a causa delle espressioni che Benedict è in grado di assumere, potrei ammutolire l’audio (sacrilegio per quella voce espressiva ed unica, se devo essere sincera, per quanto apprezzi e ami il lavoro dei doppiatori, non riesco mai a guardare ciò che recita con il doppiaggio, la voce di questo attore non può essere sostituita, è inimitabile ed insostituibile, appunto) e capirei perfettamente cosa sta succedendo e cosa sta pensando il personaggio in quel determinato momento, penso che questo tratto sia particolarmente importante per chi fa questo mestiere e Benedict è incomparabile anche in questo.

Sono stata anche io nella vasca con lui mentre cercava di calmarsi, ero nel taxi mentre il valium non faceva più effetto, mentre tremava e non riusciva a dare i soldi all’autista, mentre sbatteva i pugni contro il vetro di quella finestra che non si apriva, mentre si trascinava a terra perchè la droga aveva fatto effetto, mentre si stava per strozzare con la pillola ingerita male, mentre piangeva al telefono perchè aveva capito di doversi aiutare, di dover farsi aiutare, ero lì insieme a lui mentre non voleva vedere il padre e mentre implorava Marianne di non lasciarlo solo, mentre lanciava da una parte all’altra e cercava di distruggere l’urna che rappresenta, ironicamente e drammaticamente, tutto ciò che è e tutto ciò da cui scappa sa sempre, ero con lui mentre era in pieno attacco di panico misto ad astinenza, ero lì come tutti i telespettatori e non riesco a smettere di fare i complimenti a quell’attore che è dietro Patrick, davvero grazie per aver rappresentato tutte le sfaccettature di ciò che esiste ma che si fa finta sia inesistente.

L’input della storia è stato dato dalle cattive notizie ricevute da Patrick, il padre è morto e il nostro uomo si ritrova a dover andare a dare un ultimo saluto al padre e a recuperare l’urna contenente le ceneri. All’inizio la “gioia” ha preso il sopravvento ma è la maschera data da questa emozione è stato palpabile fin da subito, la gioia ha solo nascosto i più reconditi sentimenti contrastanti che hanno pian piano demolito la sicurezza che Patrick vantava di avere fin a raderlo al suolo, fin a ridurlo in cenere…quelle ceneri da cui rinascerà più forte di prima, probabilmente.

Ho apprezzato il metodo di narrazione concitato, pieno di voci che Patrick sentiva, pieno di emozioni e talmente veloce da essere capace di far impazzire completamente anche noi che guardavamo  e ha permesso a noi spettatori di poter entrare nel ritmo delle sinapsi di quell’uomo in pieno stato di dipendenza e assuefazione, consapevole di volerne uscire ma incapace di riuscirci perchè convinto di non poterci riuscire, assolutamente fermo nella realizzazione di non poter essere forte e deciso e gelido come quel padre che odia e che l’ha distrutto. Non si può decidere di avere il meglio o il nulla, per ottenere il meglio si deve lottare, non basta schioccare le dita, non basta comporre un numero per avere il meglio, molte volte, ciò che sembra migliore può portare al peggio, ad una condizione ancor peggiore rispetto a quella iniziale ed è ciò che è successo a Patrick…ha iniziato con il desiderare il nulla dato che si sforzava di non avere il meglio, in questo caso la miglior droga che poteva trovare in America, per poi iniziare a volere e cercare qualcosa che l’ha portato a pretendere il meglio, e cioè eroina e cocaina fornite da Pierre che, purtroppo, l’hanno condotto fino al baratro illudendolo di aver raggiunto l’estasi prima di farlo annegare nelle acque profonde.

Nei prossimi episodi esploreremo il rapporto conflittuale che ha legato Patrick al padre ma già abbiamo avuti dei primi assaggi di ciò che era il padre e di cosa potrebbe aver fatto a quel bambino che ritorna ad essere anche da adulto quando è costretto ad entrare nella stanza in cui c’è quella bara che quasi lo terrorizza di più dell’uomo vivo ed in carne ed ossa, i morti non parlano ma, purtroppo, fanno paura soprattutto se quella persona è morta senza aver pagato le conseguenze delle proprie azioni, in particolar modo quando le stesse hanno fatto del male a qualcuno di innocente e puro come un bambino che da grande ha ancora paura (non che sarebbe cambiato il dolore se la persona sofferente fosse stata una donna, un anziano o un uomo ma si sa che i bambini sono come delle spugne e raccolgono tutto ciò che provano ed hanno intorno per poi trasformarlo in sensazioni buone in caso di reazione positiva al dolore o in somatizzazione in caso di non assorbimento o di mal assorbimento di ciò che ha causato sofferenza o della sofferenza stessa).

Patrick dovrà imparare non solo a riuscire a mantenersi lucido senza droghe ed alcol ma soprattutto a riuscire ad affrontare e a superare quel passato che è ancora un macigno, quando imparerà a farlo riuscirà a non aver bisogno di nulla per affrontare la propria vita e le sole ombre di quei demoni da cui ha sempre voluto scappare ma che l’hanno preso per i piedi giorno e notte.

E’ stato solo accennato l’atteggiamento di Patrick con le donne con cui ha sicuramente un rapporto difficile forse forgiato su quello che ha e ha avuto con la madre e il comportamento che ha avuto con la propria fidanzata e le donne con cui ha interagito non è stato dei più belli ovviamente ma, prima di parlarne, vorrei prima avere modo di analizzarlo un po’ meglio, decisamente meglio.

Last but non least (a livello di importanza narrativa forse si) abbiamo avuto modo di rifarci gli occhi con un Benedict in tutto il proprio splendore fisico che male non ci ha fatto, dico bene?

Insomma, direi che per questa settimana è tutto, spero di avervi fatto passare dei minuti interessanti e mi piacerebbe avere un riscontro da parte vostra dato che questa serie è importante, seria, difficile ma assolutamente entusiasmante perchè mi permette di affrontare dei temi che devono essere affrontanti e che tenterò di affrontare sempre nel modo più consono e giusto, spero di non tradire nè le mie nè le vostre aspettative.

Voto all’episodio: 9

Le due immagini sopra esprimono in pieno ciò che uno prova quando qualcuno ha paura di qualcun altro o di qualcosa che gli sembra reale, vuoi sparire ma hai paura di non essere trovato da nessuno, di non essere salvato ma siamo solo noi a poterci lanciare la ciambella di salvataggio, se non parte da noi nessuno riuscirà a tirarci fuori dalle sabbie mobili.

Il panico fa paura e la paura del panico ci rende fragili ed incapaci di reagire, se solo Patrick usasse la forza che ha dentro per reagire e intraprendere la strada della guarigione e non per cercare la droga riuscirebbe a vincere contro tutti i mostri.

Patrick ha ripetuto sempre una frase: “A cosa serve una finestra se non la puoi usare per buttarti di sotto?”, beh, io spero che riuscirà a pensare, in futuro: “Che bel panorama” senza nemmeno vagliare l’ipotesi di utilizzarla per scopi pericolosi ed impensabili, la vita è bellissima, guardare dalla prospettiva sbagliata ci fa vagliare l’ipotesi che non lo sia ma prima di non convincersi di ciò, è d’obbligo utilizzare tutte le prospettive possibili ed impossibili, le soluzioni ci sono e Patrick troverà la propria, ne ha bisogno per superare il passato e per vivere, il più grande riscatto dell’uomo nei confronti del padre dovrebbe essere proprio questo: il vivere con consapevolezza di ciò che ha vissuto e che il passato non può e non deve condizionare il suo futuro.

Un bacio.

Irene

 

Commenti disabilitati su Patrick Melrose – Recensione 1×01

Salve, sono Irene e non ho mai amato definire la mia persona e ciò che faccio. So solo che ciò che viene scritto, nel momento stesso in cui viene composto, non è più solo mio ma anche di chi legge. Sono curiosa di sapere in che modo lo sarà. Meglio nota come vulcano d'idee o l'Arti(coli)sta per un chiaro e semplice motivo: la scrittura è il mio elemento, l'arte che mi scorre nelle vene, il modo più realistico e spontaneo che ho di vivere.