Don't Worry Darling
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Riverdale – Recensione 7×01 “Don’t Worry, Darling”

“Don’t Worry Darling”…no, aspettate un momento, c’è da preoccuparsi e più suggerite di non doverlo fare più noi lo facciamo e più c’è da farlo.

Don't Worry Darling

Di cosa sto parlando?

Beh, intanto, BENVENUTI e/o BENTORNATI, dopo quasi otto mesi siamo di nuovo (e ancora) qui a parlare di Riverdale che è, finalmente, giunto alla stagione finale e conclusiva di un grandissimo viaggio mentale e allucinogeno in cui ci siamo ritrovati all’improvviso e tutti insieme.

No, scherzi a parte, non mi sembra vero, è il settimo anno, praticamente abbiamo quasi fatto un percorso pari a quello che si fa tra scuola inferiore di primo e di secondo grado, insomma, due diplomi ci servono qui, uno per la pazienza e il secondo per…ottima condotta, di sicuro migliore rispetto a quella di molti personaggi.

E, a proposito di personaggi, quanto è stato strano rivedere il padre di Betty Cooper di nuovo vivo e vegeto? E il gemello di Cheryl che da Jason si è trasformato in Julian restando però sempre un grandissimo pezzo di…ci siamo capiti? E Kevin magicamente innamorato di Betty?

Andiamo con ordine…che di disordine Riverdale è già pieno.

Cheryl non ha salvato Riverdale, la cometa ha distrutto e raso al suolo la Terra e ha condotto all’estinzione ma Tabitha è riuscita a salvare gli abitanti portandoli in una linea spazio-temporale differente ma abbastanza lontana nel passato in modo tale da poter riparare ai danni compiuti e ristabilire l’ordine morale e sociale per evitare la medesima catastrofe da cui sono riusciti a scampare.

Come?

Bel dilemma.

Don't Worry Darling

Ci troviamo negli anni ’50, precisamente nel 1955, James Dean è appena morto, Emmett Till è stato appena assassinato brutalmente e sia la censura che la discriminazione razziale e basata sull’orientamento sessuale serpeggiano taciute ma fin troppo evidentemente.

Guai a permettersi di difendere i diritto dei neri d’America, guai a permettersi solo lontanamente di alludere all’omosessualità o, peggio mi sento, alla bisessualità, blasfemia, eresia, vade retro.

Nel 1955 era normale, era naturale discriminare perchè includere era semplicemente un verbo troppo faticoso, troppo terrificante, come tutto ciò che differisce dalla consuetudine e chissà come mai, adesso, nel 2023, è ancora così per fin troppe persone.

I gay non dovevano esistere, era un parola non solo inesistente ma impronunciabile così come i neri che dovevano essere integrati solo entro i termini stabiliti da non si sa quale divinità nascosta e, non appena superavano i limiti, shhh, silenzio, vi malmeniamo, vi sfiguriamo, vi facciamo scomparire perchè non siete nessuno e tantomeno potete mischiarvi con persone bianche, non ne siete all’altezza.

Solo a scrivere qualcosa del genere per descrivere quella mentalità tossica e malata mi sto sentendo male perchè, purtroppo, succede ancora in ogni parte del mondo nei confronti di qualsiasi tipo di minoranza.

E Riverdale con questa settimana stagione ha voluto mettere in pratica un parallelismo doveroso e doloroso che ha bisogno di essere rappresentato ancora e ancora per allontanare tutto ciò che pone limiti in qualcosa che limiti non deve mai avere: la vita umana.

Ho amato la scena in cui le ragazze si sono unite per poter leggere e parlare liberamente al microfono della scuola eludendo il controllo e la censura di un preside e di un neuropsichiatra infantile che pensano di fare il bene di menti influenzabili nascondendo e mascherando le atrocità che si vivevano (e si vivono) perchè tanto a Riverdale queste cose non succedono.

Ma siete parenti per caso?

Le ultime parole famose.

“Solo” che i razzisti, gli omofobi, i potenti, i padri padroni fanno più paura dei vampiri.

Molta più paura perchè sono reali, esistono davvero e sono difficili da sradicare soprattutto se giriamo la testa dall’altra parte e facciamo finta di nulla.

La poesia di Langston Hughes mi ha lasciato i brividi, così come le foto di Emmett Till sfigurato nella bara aperta, non vi consiglio di andare su Google per cercarle se siete molto sensibili anche se tutti dovrebbero vedere fin dove si può spingere e si è già spinta la cattiveria umana.

Se non si fosse già capito, ho amato “Don’t Worry Darling” per la parte storica e reale raccontata anche per come è stata rappresentata ma alcuni dettagli della parte “pura” di Riverdale mi hanno lasciato un po’ perplessa come, appunto, Jason che diventa Julian, il bacio tra la Tabitha angelo custode di Riverdale e Jughead Jones in grado di far dimenticare tutto e Veronica Lodge.

Poi la capsula non conteneva il cappello di lana di Jug che però ricompare alla fine dell’episodio non si sa come e ancora non sono riuscita a spiegarmelo, non può essere un indizio lasciato volutamente da Tabitha perchè altrimenti non gli avrebbe cancellato la memoria e allora perchè?

Vedremo nel corso della stagione, è ancora presto per formulare teorie.

Per quanto riguarda l’intro io credo di essermi innamorata, Riverdale versione Happy Days era qualcosa che non pensavo di poter mai desiderare e invece…

Don't Worry Darling

Voto all’episodio “Don’t Worry Darling”: 8, direi un ottimo inizio, sicuramente migliore di tanti altri e decisamente molti gradini sopra alcuni (troppi) episodi passati di Riverdale.

Voi cosa ne pensate?

Intanto grazie per avermi letto fino a qui, vi auguro un buon weekend e spero di rivedervi, o meglio, rileggervi ancora.

Vi lascio al promo della 7×02 “Skip, Hop, and Thump!”.

Don't Worry Darling

Irene

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Salve, sono Irene e non ho mai amato definire la mia persona e ciò che faccio. So solo che ciò che viene scritto, nel momento stesso in cui viene composto, non è più solo mio ma anche di chi legge. Sono curiosa di sapere in che modo lo sarà. Meglio nota come vulcano d'idee o l'Arti(coli)sta per un chiaro e semplice motivo: la scrittura è il mio elemento, l'arte che mi scorre nelle vene, il modo più realistico e spontaneo che ho di vivere.