Prison Break: Wentworth Miller parla del sequel
Prison Break è ritornato dopo parecchi anni d’assenza visto che l’ultima stagione risale al 2009 ed era stata interrotta a causa dei bassi ascolti ma, per fortuna, adesso possiamo finalmente vedere cosa accadrà a Michael Scofield e Lincoln Burrows.
Il 4 Aprile è andata in onda la prima puntata della nuova stagione e abbiamo scoperto che, per la gioia dei suoi fans, Michael è ancora vivo anche se in carcere e questa volta si ritrova rinchiuso nello Yemen sotto il falso nome di Kaniel Outis con l’accusa di essere un pericolosissimo terrorista.
Ecco come viene raccontato il cambiamento di Michael da Wentworth Miller intervistato da Entertainment Weekly.
Ha camminato per una strada oscura. È sempre stato un personaggio che ha messo gli altri al primo posto, sacrificarsi è parte del suo «Chi sono io»? Dall’ultima volta che lo abbiamo visto, ha fatto parte di un governo oscuro, ha finanziato piani e complotti, e questo ha lasciato un segno su di lui. Credo sia un uomo segnato, che è sempre stato la poesia dello show, i cui tatuaggi sulla pelle sono il riflesso della sua giornata, dei suoi progressi. Credo sia torturato da tutte le cose che ha visto, a cui ha partecipato. Il suo principale obiettivo è tornare a casa, riguadagnare quello che ha perso, quello che fatto per sacrificarsi.
- Sappiamo che nei panni di Keniel Outis veste il ruolo di un terrorista ma cosa sta succedendo davvero?
Credo sia convinto di fare la cosa giusta. Gli hanno promesso che se faceva una determinata cosa, che comprendeva che qualcuno si facesse make, era per un bene superiore. Questa è stata una delle sfide e degli ostacoli fin dall’inizio. Per liberare suo fratello, si è messo in questa situazione che ha lasciato molti feriti e morti, e il peso di questo credo sia difficile da sopportare. Quando lo incontriamo all’inizio di questa stagione, lui sente di avere ancora molte cose da espiare, che per servire un potere più grande si è dovuto sporcare le mani ancora di più.
- Come sono cambiate le dinamiche con Lincoln, suo fratello, visto che crede sia morto?
Credo che troviamo Lincoln senza uno scopo. Michael era una luce che lo guidava nella vita, parte di una coscienza morale, che ha ruotato in sua assenza. Ma anche Michael è cambiato; non è necessariamente il fratello che Lincoln ricorda. Ha preso una strada oscura e chissà di cosa è capace. La domanda centrale, specie per i primi quattro, cinque episodi, è: chi è Michael adesso? Cosa è disposto a fare per portare a termine il lavoro? Chi è disposto a sacrificare? L’entrare e uscire di prigione lo ha indurito?
- C’è ancora della vulnerabilità dentro di lui?
Assolutamente. Credo che Michael abbia creato per se stesso, e per il personaggio di Whip (Augustus Prew) una nuova famiglia. Lui è un animale sociale e deve avere qualcuno di cui prendersi cura. Credo sia centrale per la sua natura, per cui, essendo entrambi prigionieri nello Yemen, sono come fratelli surrogati, ed è interessante vedere come si evolve una volta che Lincoln entra nella storia. Ma Michael non ha mai visto o stretto in braccio suo figlio, e sa che anche Sara lo crede morto da anni, perciò il peso della colpa è considerevole considerato che sa di aver fatto quello che andava fatto. Ha dovuto fare dei sacrifici che sentiva di dover fare, non ha avuto altra scelta.
- Parliamo della nuova stagione. Quanto fa schifo rispetto a Fox River?
Fa sembrare Fox River il Four Seasons. Ha più in comune con quella di Panama della terza stagione. È sporca e ci sono pericoli ovunque, si vede per come è costruito il set, nel modo in cui le scene sono girate. Quando ho visto il trailer, che è andato online e ha raccolto un considerevole numero di visualizzazioni, ero affascinato perché era stato girato tutto a Vancouver, anche se siamo dovuti andare in Marocco per girare gli esterni che sembrassero lo Yemen. Mi è sembrato che avessimo girato in Marocco tutto il tempo ed è stato fantastico.
- Parlaci degli altri detenuti.
Una delle cose più importanti del personaggio è che lui deve costantemente usare le persone e averne cura e le due cose sono in competizione. Come manipolo queste persone per ottenere quello che voglio, ma contemporaneamente, le porto in salvo? Credo che Michael scopra ripetutamente durante la serie di dover proteggere le persone che pensava di poter usare come pedine. Più o meno come a Fox River, mette insieme un gruppo di prigionieri, ognuno dei quali gli servirà o in prigione o una volta evasi, e poi se ne prende cura come un capobanda. Li sta usando, ma gli sta a cuore la loro sopravvivenza.
- Puoi parlarci di come lo show tratterà di temi come L’ISIS e di come Michael entri in contatto con un personaggio simile a Bin Laden?
Credo che abbiamo fatto un lavoro molto attento offrendo diversi ritratti di persone che potresti incontrare in una prigione dello Yemen. Gli autori, la Fox, il cast, i produttori hanno lavorato sodo per creare quelli che spero siano ritratti tridimensionali che non ci fanno cadere negli stereotipi, mentre raccontiamo una grande storia e parliamo di cose che sono attuali nel mondo di oggi. Non ho pensato molto al quadro generale, perchè la mia parte rappresenta una sfida, almeno per me, forse dipende dall’avere 43 anni e non 33 (ride). Ma i tatuaggi di Michael, il suo agire alla McGyver, il suo strisciare per i canali di scolo, fare a botte, è stata una sfida a livello fisico, mentale ed emotivo, per questo all’inizio di questo processo ho deciso di focalizzarmi solo sulle piccole cose. Parte di questo dipende dal fatto che ero in modalità sopravvivenza. Avevamo poco tempo per girare questi nove episodi così complicati. Al momento stiamo girando sei o sette giorni a settimana, 14 ore al giorno, e se non sbaglio, abbiamo 3 o 4 episodi all’ordine del giorno, per questo ricordare tutto è stata una sfida.
- Questa cospirazione è collegata in qualche modo a quella originale?
Bella domanda. Tutto quello che posso dire è che le agenzie governative ufficiali fanno ancora la loro parte. Un lato del conflitto interiore di Michael è che lui ha scatenato tutto questo da una certa prospettiva. Lui è molto bravo in quello che fa, ha delle abilità e questo lo ha portato ad essere al centro dell’attenzione da parte di chi vuole sfruttarle per i propri scopi.
- Torneremo indietro e vedremo il reclutamento di Michael prima della sua “morte”?
Michael ne parla. Non sono sicuro di quanto vedremo nei flashback, ma daremo al pubblico abbastanza materiale così potranno capire come si è arrivati a questo.
- Quanto tempo ci vuole a fare i tatuaggi ora rispetto a prima?
È una cosa diversa, ci vuole meno tempo. I tatuaggi non coprono molta pelle, ma coprono le mani per cui non riesco a lavarmele come si deve per circa 14 ore (ride)
- L’ultima volta era una mappa, ora sono funzionali allo scopo?
Si, ma in modo diverso, che però sarà rivelato solo all’ultimo istante.
- Voi ragazzi avete lanciato la moda dei tatuaggi, ed ora c’è uno show, “Blindspot”, che si basa interamente su di essi. Ti ha fatto ridere quando lo hai saputo?
Mi ha fatto ridere e mi sono sentito solidale con l’attrice (Jaimie Alexander) quando ho visto per la prima volta la sua immagine con quei tatuaggi. È un affascinante effetto speciale, credo abbia aiutato a fare lo show, ma col tempo si consuma e posso dirvi che la tecnologia non è cambiata dal 2005 ad oggi.
- Come procederete con questa evasione?
Credo che non solo vedremo Michael fare i suoi trucchi basandosi sull’istinto, ma la sua fuga dalla prigione è collegata direttamente e avviene in contemporanea con la caduta di una nazione, una influenza l’altra. Una volta evasi , si troveranno in un tipo diverso di prigione – la nazione stessa – è ciò da cui devono scappare e non sarà facile.
- Come si sta comportando il gruppo al riguardo? A chi o a cosa chiederanno aiuto per fuggire dallo Yemen?
Michael e quelli che sono scappati con lui si stanno rivolgendo a dei vecchi alleati, alcuni inaspettati, come T-Bag per aiutarli nella fuga, e per aiutare Michael ad ottenere una volta tornato a casa pareggiando i conti. Ma non sanno di chi fidarsi e a chi rivolgersi. A complicare le cose c’è la falsa identità di Michael, che è la ragione per cui è in prigione per qualcosa che è andato storto. Essendo quindi un ricercato, se anche incontrasse dei potenziali alleati, poiché sta operando sotto falso nome, non ci sono ragioni per cui non dovrebbero sparargli sul posto.
- Parliamo di alcuni di questi cattivi paragonati a ciò che abbiamo visto nello show originale.
Credo che una delle cose migliori di Prison Break sia stato mantenere un equilibrio tra la trama e la caratterizzazione. Abbiamo sempre avuto un Bellick, un T-Bag, ed è ciò che dà allo show vita e profondità. Essenzialmente è un western, i buoni contro i cattivi. Tu vuoi essere sicuro che il cattivo sia affascinante, terrificante e multidimensionale cosicché i nostri eroi, Michael e Lincoln, affronteranno dei pericoli inimmaginabili. Questo è quello che gli autori hanno messo in pentola come specialità. Non sono solo pezzi di carta tagliati, tutti sono multidimensionali, inclusi i cattivi, per questo motivo, nonostante siano malvagi e pericolosi, passiamo abbastanza tempo con loro da vederne il lato umano. Quindi forse questo paragone col western non è adatto, non ci sono solo buoni o cattivi, ma anche persone che sono una via di mezzo.
- È stato rivelato il ritorno di molte facce note prima ancora del debutto, ce n’è qualcuno che tenete da parte per farci una sorpresa?
Abbiamo un paio di sorprese in serbo. Io avrei voluto far tornare Westmoreland o Bellick, ma è più facile a dirsi che a farsi dato che sono morti (ride).
- Stai veramente dicendo questo?
Cosa?
- Michael era morto, Sara era morta.
(Ride) Giusto, questo è un universo in cui nessuno è veramente morto. Intendevo che potrebbe trattarsi di un sogno. Non è solo perché amo questi personaggi, ma anche gli uomini che li hanno interpretati. La mia speranza era di riportare in vita quanti più preferiti possibili, ma come avete visto, per alcuni è stato più facile che per altri.
- Michael è stato già riportato in vita, i fan devono preoccuparsi che possa morire?
Nessuno è al sicuro, questa è sempre stata la parte più attraente dello show. Qualcuno morirà: questa è buona tv, fatta apposta per storie avvincenti. Diciamo che ho apprezzato com’è finito lo show, mi è sembrato giusto che Michael dovesse espiare: doveva fare le cose per bene. Aveva troppo sangue sulle sue mani e non mi sembrava giusto che se ne andasse al tramonto con moglie e il figlio che doveva ancora nascere dopo tutto il casino che aveva combinato. C’è il lieto fine questa volta? Felice per quanto possa esserlo Prison Break per definizione, alla fine di questi nove episodi i personaggi saranno in un posto di cui essere soddisfatti perché se lo sono guadagnato.
- Vorresti fare ancora Prison Break? Questo pianta dei semi per il futuro?
Non lo escluderei, credo ci siano ancora molte storie da raccontare e ora stiamo parlando di varie generazioni. Ci sono molte direzioni differenti verso cui potremmo andare, ma non dirò di sì finché non verrà fuori qualcosa di grandioso.
- Sei passato da 33 a 43, forse aspetterai fino a 53 e vedrai Michael provare a…
(Ride) Far evadere mio nipote. Un’ultima evasione!